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IL PIANO SCAPOLARE E LE ALZATE LATERALI; COME EFFETTUARE IL MOVIMENTO CORRETTAMENTE ED EFFICACEMENTE, EVITANDO ERRORI E PROBLEMATICHE ARTICOLARI

Considerazioni introduttive sul contesto articolare funzionale.

Il movimento conosciuto con il nome di Alzate laterali è fra gli esercizi più comuni e praticati durante le sessioni di allenamento, utile al coinvolgimento dei muscoli Deltoidi.

È un movimento monoarticolare a prima vista molto semplice, ma che in realtà nasconde numerose “insidie”, riconducibili alla natura stessa dell’articolazione maggiormente coinvolta (l’articolazione scapolo-omerale),  ed al fatto che si tratta di un movimento fondamentalmente monoarticolare che, rispetto ad un poliarticolare naturale, risulta innaturale e particolarmente stressante per tutte le strutture interessate.

A ciò si aggiunge l’intrinseca difficoltà esecutiva che ne fa uno degli esercizi peggio eseguiti dell’intero mondo del training.

Perché le alzate laterali risultano estremamente difficili da effettuare correttamente?

Perché presuppongono che l’Atleta possegga una serie di capacità non semplici da acquisire o possedere, e che il Trainer sia a conoscenza del complesso funzionamento del sistema articolare della spalla, composto da ben 5 articolazioni fra vere e false, di aspetti biomeccanici della statica e della dinamica dei complessi articolari, di concetti fondamentali di anatomia funzionale e di capacità di osservazione ed analisi della postura e delle reali capacità neuromuscolari dell’Atleta.

Tanta roba, direte; effettivamente si, è tanta roba!

Nella mia esperienza ormai ventennale nel mondo del Training, ho visto far eseguire le Alzate laterali nei modi più disparati, con i Trainer pronti a tirar fuori esecuzioni assurde motivandole con ipotetici migliori coinvolgimenti di x fibre muscolari rispetto ad y, o mettendo sul piatto consigli sull’esecuzione che il loro amico istruttore campione del mondo di lancio di coriandoli avrebbe detto loro; io stesso, all’inizio del mio percorso lavorativo, non avrei saputo giustificare un tipo di esecuzione rispetto ad un altro.

Da li a breve capii che c’era solo un modo per fare le cose in maniera seria e professionale: studiare a fondo la fisiologia articolare, la biomeccanica e l’anatomia funzionale.

Solo così avrei potuto far eseguire i giusti movimenti ai miei allievi ed avrei avuto argomentazioni serie e solide con le quali demolire idee o ipotesi campate in aria, figlie dell’ignoranza.

Il corretto assetto posturale dell’unità funzionale scapolo-toracica: il piano scapolare.

Affinché i movimenti che l’arto superiore disegna nello spazio per portare la mano a compiere i gesti quotidiani necessari alla vita siano corretti, efficaci ed efficienti, è fondamentale che gli assetti posturali del complesso articolare della spalla siano fisiologicamente perfetti; questa condizione risulta necessaria anche per far si che vengano evitati traumi o lesioni durante l’espletamento della vita quotidiana, come detto, sia e soprattutto durante l’esecuzione dei gesti legati all’allenamento, intrinsecamente più probanti e traumatizzanti.

Posto che il complesso articolare della spalla è composto da ben cinque articolazioni, ovvero la sterno-costo-clavicolare, l’acromion-clavicolare, la scapolo-omerale, la sottodeltoidea e la scapolo-toracica, riconosciamo un ruolo fondamentale nella tenuta posturale e funzionale dell’intero complesso all’articolazione scapolo-toracica.

Per le sue caratteristiche morfologiche non rientra in quelle che vengono definite articolazioni vere, cioè dotate di tutte quelle strutture intrinseche proprie di una entità articolare propriamente detta (superfici cartilaginee a contatto fra loro, capsule, legamenti e borse sierose), ma è una articolazione falsa, costituita essenzialmente dal rapporto cinetico-funzionale che intercorre tra la scapola ed il torace, generato dai muscoli motori della scapola che danno vita ai piani di scorrimento scapolo toracici, vera anima dell’articolazione.

Nell’articolazione scapolo-toracica, come in tutto il resto del corpo, la condizione ideale per esprimere al meglio il proprio ruolo è lo stato di corretto equilibrio funzionale, ovvero l’assenza di condizioni paramorfiche che possono alterare quello che viene definito assetto articolare fisiologico.

Quali sono queste condizioni di equilibrio? La corretta postura scapolo-toracica statica impone che la scapola debba essere allocata dietro al torace fra la 2° e la 7-8° costa, che l’angolo superiore sia corrispondente al 1-2° processo spinoso del tratto dorsale, che l’angolo inferiore sia all’altezza del 7° processo spinoso dorsale, che l’angolo mediale sia al livello del 3° processo spinoso dorsale e che il margine mediale sia a 5-6 cm dalla linea delle apofisi spinose.

Altro aspetto fondamentale, che conferisce al complesso articolare la sua grande funzionalità, è che la scapola non giace esattamente sul piano frontale ma obliquamente, a formare un angolo di 30° con il piano frontale in senso postero-anteriore e medio-laterale; questo atteggiamento della scapola rispetto al piano frontale viene definito piano scapolare

Il mantenimento del piano scapolare durante la vita quotidiana, e come piano di riferimento per l’effettuazione dei movimenti NATURALI da parte dell’arto superiore durante le sedute di allenamento, fa si che venga mantenuta la funzionalità dei delicati equilibri articolari e neuromuscolari a carico dell’articolazione scapolo-omerale, e che l’effettuazione dei gesti motori venga effettuata senza che si producano problematiche a carico delle strutture articolari e mio tendinee, molto delicate dato l’alto grado di mobilità della scapolo-omerale. Esaminiamo ora il movimento oggetto della nostra riflessione, fisiologicamente definibile come movimento di abduzione sul piano frontale fino a 90° combinato con la flessione sul piano orizzontale di 30°, leggera flessione del gomito ed extrarotazione dell’arto superiore sul tronco; in palestra normalmente non possiamo esprimerci cosi con i nostri Allievi, pertanto usiamo la definizione pratica e gergale di Alzate Laterali (per la spiegazione artrocinematica e l’analisi dei movimenti del complesso articolare vedere il mio articolo “LA PROTRAZIONE DELLA SCAPOLA E LA SINDROME DA CONFLITTO SUB-ACROMIALE; CAUSE SCATENANTI ED INTERVENTO DEL PERSONAL TRAINER LAUREATO IN SCIENZE MOTORIE NEL PERCORSO DI RIEDUCAZIONE FUNZIONALE” .

Le Alzate Laterali: aspetti chinesiologici, neurofisiologici e corretta esecuzione, in rapporto al piano scapolare.

Fisiologicamente e funzionalmente parlando, si tratta dunque di un movimento combinato di abduzione, flessione ed extrarotazione dell’arto superiore rispetto al tronco. Facile? Assolutamente no! Per far effettuare correttamente il gesto tecnico al proprio allievo, è necessario che il Trainer ponga l’accento sulla consapevolezza e tenuta del corretto assetto scapolo-toracico, secondo i 30° del piano scapolare. Il recupero del piano scapolare, partendo ad esempio da un atteggiamento scapolare in abduzione eccessiva (come nel caso della ipercifosi dorsale), apporta numerosi benefici, fra cui:

  • Eliminazione delle contratture a carico del Trapezio Alto;
  • Recupero del tono muscolare dei muscoli adduttori e stabilizzatori scapolari, come il Trapezio Medio ed i Romboidi;
  • Eliminazione del sovraccarico funzionale sul rachide cervicale;
  • Detensionamento dei muscoli latero-anteriori del rachide cervicale;
  • Recupero del corretto ruolo funzionale del muscolo Piccolo Pettorale;
  • Ripristino del corretto assetto in neutro sull’asse longitudinale dell’arto superiore (con le scapole in atteggiamento eccessivamente abdotto, l’arto superiore tende inesorabilmente ad intraruotarsi);
  • Conseguente “scarico” della pressione applicata dalla testa omerale contro le strutture articolari sub-acromiali;
  • Recupero dei fisiologici pattern neuromuscolari per i muscoli della cuffia dei rotatori, soprattutto degli extrarotatori Piccolo Rotondo e Sottospinoso che, con la scapola in posizione fisiologica, si attivano automaticamente oltre un certo grado di abduzione, ruotando indietro ed in basso la testa omerale per evitare così il conflitto sub-acromiale.

Questi molteplici benefici si ripercuotono positivamente su tutti i movimenti dell’arto superiore; le alzate laterali non fanno eccezione.

Una volta recuperato il piano scapolare attraverso l’effettuazione di esercizi specifici, il Trainer può iniziare a lavorare con il proprio Allievo sulla corretta meccanica delle alzate laterali.

Sembrerà strano ma è più semplice far apprendere il gesto motorio ad un completo neofita che ad un Atleta già esperto; infatti, destrutturare gli schemi motori errati, ma oramai appresi ed automatizzati, per poi ricostruire le giuste sequenze neuro cinetiche, è sicuramente più difficoltoso rispetto alla creazione ex novo delle connessioni neuromuscolari alla base del movimento fisiologicamente corretto.

Non è dunque detto che un praticante esperto sia più “bravo” di un neofita inesperto; troppo spesso, infatti, chi frequenta le sale pesi esegue le alzate laterali con i manubri compiendo errori che possono essere causa di problematiche anche serie, che possono sfociare addirittura in interventi chirurgici. Quali sono questi errori? Fra i più frequenti:

  • Braccia completamente tese in abduzione pura sul piano frontale, senza extrarotazione;
  • Gomiti eccessivamente flessi, portati addirittura più indietro rispetto al piano frontale, senza extrarotazione dell’arto superiore (spesso in presenza di un sovraccarico esagerato rispetto alle reali capacità; errore molto frequente e pericoloso);
  • Esecuzione con le scapole troppo abdotte;
  • Esecuzione con le scapole completamente addotte;
  • Arto superiore in intrarotazione (palmo della mano che, alla fine dell’abduzione, guarda in basso-dietro; forse l’errore più frequente e più pericoloso in assoluto).

Ognuna di queste condizioni profondamente distanti dalla corretta esecuzione, potrebbe arrecare danni più o meno seri all’articolazione scapolo-omerale; in tutti i casi presi in esame infatti si genera una alterata artocinematica gleno-omerale, che produce compressioni ed infiammazioni sulle strutture sub-acromiali, ovvero la famigerata Sindrome da conflitto sub-acromiale (tendini del Sovraspinoso e del Bicipite capo lungo, borsa sottoacromiale e la capsula articolare), lacerazioni tendinee a carico dei tendini dei muscoli sopracitati (se la lesione provoca la rottura completa tendinea, si rende necessario l’intervento chirurgico), possibili lesioni al cercine glenoideo e conseguenti fenomeni di instabilità delle superfici di contatto dell’articolazione gleno-omerale.

La corretta esecuzione delle Alzate Laterali è invece la seguente; se il nostro atleta è in piedi (condizione sicuramente ottimale affinché il sovraccarico, qualora fosse presente, venga trasferito al suolo attraverso tutto il corpo) è di fondamentale importanza il mantenimento delle ginocchia in leggero piegamento, la tenuta in neutro delle curvature fisiologiche del rachide in toto, le scapole in posizione fisiologica orientate di 30° rispetto al piano frontale, lo sguardo rivolto verso avanti e gli arti superiori lungo il corpo.

A questo punto possiamo far iniziare il movimento; nella fase concentrica, associata alla fase espiratoria della respirazione, gli arti superiori disegnano una traiettoria multiplanare di abduzione-flessione-extrarotazione, fino a portare le mani a raggiungere il livello delle spalle. In questo modo il gomito si troverà al di sotto del piano della scapolo-omerale e l’atteggiamento dell’omero in extrarotazione fa si che venga evitato il conflitto sub-acromiale. Le spalle devono essere mantenute basse (depresse) in posizione fisiologica, cercando di evitare un coinvolgimento maggiore del dovuto del muscolo Trapezio. La fase eccentrica (associata all’inspirazione) potrebbe portare il nostro Allievo a perdere la fissazione scapolo-toracica, con un basculamento verso alto-avanti causato dall’incapacità di tenuta del tratto basso del Trapezio e dei fissatori mediali della scapola; questa condizione altera gli equilibri artrocinematici della gleno-omerale, esponendo le strutture sopra descritte ad un sovraccarico funzionale potenzialmente dannoso.

Fondamentale dunque sarà il ruolo del Personal Trainer nel cercare di far focalizzare l’attenzione del proprio Allievo sulla tenuta delle scapole, applicando soprattutto in una fase iniziale, ove necessario, dei cueing tattili e/o visivi per stimolare e coadiuvare l’apprendimento del movimento ed una maggiore padronanza dello schema motorio.

Questa appena descritta è la corretta esecuzione delle Alzate Laterali, considerando il movimento a corpo libero simmetrico per entrambi gli arti superiori.

Con l’utilizzo di manubri, cavi ed elastici però cambia tutto e, sembra assurdo ma è così, il movimento deve necessariamente subire modifiche a dir poco sostanziali.

Lo svolgimento dell’esercizio nelle modalità sopra citate non permette infatti congruenza esatta fra la capacità di generare forza da parte del Deltoide e le modificazioni associate alla natura ed alle caratteristiche reali del sovraccarico che si va a sollevare ed utilizzare.

Questa interessante tematica verrà descritta in un prossimo articolo, durante il quale si parlerà delle caratteristiche fisiche degli elastici rispetto ai pesi liberi ed ai cavi, della differenza della resistenza offerta e come sfruttarle entrambe a dovere.